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Geoelettrica nello studio di frane

Versante instabile oggetto di studio

Cenni sulla franosità in Umbria

L’Umbria, come altre regioni d’Italia, è soggetta a fenomeni gravitativi che producono danni all’ambiente, alle infrastrutture e ai centri abitati.

Dalla Nuova Carta Inventario dei Movimenti Franosi della Regione dell’Umbria risulta che circa l’11% del territorio regionale è in frana. Sono molto diffusi gli scorrimenti di tipo rotazionale, che si verificano soprattutto nel Complesso Terrigeno e nei Depositi plio-pleistocenici, mentre sono meno presenti crolli e colamenti.

Il complesso maggiormente interessato da fenomeni franosi è quello Terrigeno, peraltro il protagonista principale del lavoro svolto,  tale complesso è costituito prevalentemente da marne e marne argillose intercalate ad arenarie. Sono tipiche di questi affioramenti, denominati Flyschoidi,  le frane complesse che si originano come scivolamenti o scorrimenti e poi evolvono in colamenti.

Le frane rappresentano fenomeni molto complicati, la cui analisi richiede l’unione di più figure professionali in grado di fare valutazioni e interpretazioni multiscalari e multitemporali. L’utilizzo delle più svariate metodologie di indagini al suolo e da satellite, oltre ad un attento rilevamento di campagna, permette di individuare le caratteristiche geometriche del corpo in frana, le superfici di scivolamento, lo stato di attività, i fattori predisponenti e le cause innescanti il movimento.
La storia deformativa di un versante viene ricostruita riconoscendo e descrivendo la tipologia delle frane, la loro evoluzione temporale e le eventuali relazioni con lo stile tettonico strutturale.

L’importanza della geoelettrica nello studio di frane

Una delle tecniche più efficaci e non invasive per rilevare le aree soggette a fenomeni gravitativi è rappresentata dall’indagine geoelettrica, che grazie alle nuove tecnologie ha premesso negli ultimi quindici anni di acquisire i valori di resistività elettrica lungo profili bidimensionali o tridimensionali. Le continue scoperte hanno reso possibile esplorare il terreno attraverso un gran numero di punti di al di sotto dello stendimento di elettrodi, permettendo di effettuare non solo misure di resistività del suolo, ma anche di polarizzazione indotta (o caricabilità).
Le moderne metodologie e le elaborazioni dei dati consentono di effettuare prospezioni geoelettriche 2D e 3D, utilizzando anche configurazioni elettrodiche complesse. In questi casi si possono ricavare modelli bidimensionali, nei quali possono apprezzarsi variazioni e anomalie di resistività non solo in senso verticale (come nei SEV), ma anche lungo il profilo di sondaggio (caso 2D), o modelli tridimensionali che permettono di valutare le variazioni di resistività in un volume di terreno.
La sequenza e lo schema delle misurazioni dipende dal tipo di dispositivo utilizzato, in automatico vengono effettuate le misurazioni lungo la linea di sondaggio all’inizio con una distanza interelettrodica “a”, poi le misure vengono traslate di distanze pari “2a”, “3a” e così via fino a completare tutte le possibili combinazioni. Al termine l’insieme dei valori di resistività apparente ottenuti viene diagrammato in “pseudosezioni”, che forniscono un’immagine approssimata e distorta della resistività del terreno. Con l’ausilio di appositi software di inversione è possibile, a partire dall’insieme di dati ottenuti, ottenere un modello di resistività reale.

La possibilità di eseguire una caratterizzazione geometrica, volumetrica e idrogeologica di versanti instabili o potenzialmente instabili permette di fare previsioni sulle condizioni di rischio di un’area e di individuare una serie di interventi di mitigazione, a cui noi tecnici e professionisti siamo chiamati a gestire.
Per una buona pianificazione territoriale è necessario perimetrare e circoscrivere le aree soggette al rischio frana.
La mitigazione del rischio da frana può avvenire attraverso svariati interventi diretti, che mirano a ridurre tutte quelle forze agenti sull’instabilità del pendio o che tendono ad aumentare le forze resistenti del versante. Tutti gli interventi possibili per semplicità possono essere raggruppati nelle seguenti categorie:

  • Rimozione di materiale instabile superficiale
  • Riprofilatura e trasformazione della geometria del pendio
  • Utilizzo di sistemi di drenaggio superficiali e/o profondi
  • Messa in opera di strutture di sostegno e contenimento
  • Utilizzo di opere di consolidamento di versante.

Caso di studio di una frana presunta

L’uso della geoelettrica nel lavoro svolto è stato finalizzato all’individuazione di potenziali superfici di scivolamento lungo un pendio classificato come potenzialmente instabile.
Un’analisi di questo tipo ha permesso di osservare le variazioni di resistività e di valutare su un’ampia superficie di terreno se queste variazioni possano essere riconducibili a processi gravitativi.
Il fenomeno franoso presunto è localizzato su litotipi prevalentemente marnosi e su un versante con assetto degli strati a franapoggio, condizioni molto favorevoli al dissesto. Inoltre, le precipitazioni meteoriche intense e prolungate in alcuni periodi dell’anno e l’intensa attività sismica regionale sono concause primarie della formazione di dissesti nel suolo e del superamento dei valori di resistenza al taglio lungo le potenziali superfici di scorrimento.

Attraverso la prospezione geoelettrica è stato possibile osservare anomalie di resistività associabili a variazioni litologiche (minore o maggiore presenza di terreni argillosi), al contenuto di acqua, all’indice di saturazione e allo stato di umidità.
La sezione di resistività elettrica (ERT) è stata tarata con indagini geotecniche puntali (prove penetrometriche dinamiche), che hanno contribuito alla ricostruzione stratigrafica di sito.
Inoltre, grazie a particolari analisi è possibile elaborare le sezioni di resistività elettrica con il metodo Time-Lapse, che consente di misurare i valori di resistività lungo uno stendimento posto sullo stesso corpo in frana in momenti differenti e vederne le differenze.

Dalla lettura dei dati ottenuti risulta che la maggior parte delle aree in dissesto sono distribuite lungo i livelli a più alto contenuto di argilla poco competenti e soggetti a cicli di umidificazione ed essiccamento stagionali; sicuramente la pendenza e l’assetto degli strati a franapoggio contribuiscono all’innesco di potenziali scivolamenti.
I contrasti di resistività, pur rimanendo su valori molto bassi, trapelano un elevato contenuto di acqua all’interno dei livelli più marnosi, il quale non a caso può essere ricondotto alla causa determinante il movimento. L’effetto fluidificante e destabilizzante dell’acqua può causare lo spostamento della coltre più superficiale, innescando peraltro un aumento delle pressioni neutre, lungo potenziali superfici di scivolamento, ben visibili in sezione:

Prospezione geoelettrica per il rilievo di una frana presunta

Sulla base dei risultati della tomografia elettrica è stato ricostruito il modello geologico e idrogeologico dell’area, fondamentale per capire la genesi dei potenziali movimenti del pendio:

Modello geologico ricostruito dai risultati della tomografia geoelettrica

L’utilizzo della tomografia elettrica ha dato un forte contributo al raggiungimento degli obiettivi preposti in questo studio, permettendo di verificare l’esistenza di potenziali movimenti del pendio, che in campagna non sono facilmente osservabili a causa della vegetazione e dell’alta percentuale marnoso – argillosa poco conservativa.

Grazie alle prospezione geoelettrica e ad altri strumenti di analisi sarà possibile programmare correttamente l’uso del suolo nell’area di interesse e le operazioni di mitigazione del rischio.